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Visualizzazione dei post da aprile, 2022

L’eredità di Bazin

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L’eredità di Bazin  Cosa lascia André Bazin, a più di sessant’anni dalla sua scomparsa? Stando al lavoro certosino firmato da Hervé Joubert-Laurencin e all’impegno della casa editrice Macula – che ne han reso possibile il complessivo riesame con la pubblicazione, in patria, di testi ormai poco frequentati e reperibili – il pensiero di questo decano della critica cinematografica rivela come la propria attualità non abbia smarrito una virgola dell’originaria freschezza nell’esegetica, né di un modo di concepirla. Nella fattispecie, la ridefinizione d’un linguaggio fattosi tratto distintivo da oltre mezzo secolo a questa parte, soprattutto in relazione alla recente produzione audiovisiva e alla conseguente rimodulazione della pratica cinematografica contemporanea, consente di riflettere sullo stato attuale dell’arte, e su talune possibili traiettorie individuabili nell’odierna produzione audiovisiva di cui, alcune, legate a doppio filo alle intuizioni baziniane. Invero non basterebbe un

La senilità della fiaba: OCCHIALI NERI

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La senilità della fiaba: Occhiali neri  Sgombriamo il campo dagli equivoci: non fosse per i consueti passaggi dati i quali si reputa di culto, anche nelle operazioni più detestabili, la filmografia di Argento, Occhiali neri proseguirebbe tranquillo la senilità del suo autore. Ciò che da sempre colpisce gli aficionados del genere orrifico risiede nella disinvoltura di stilemi tramite i quali il desiderio di raccapriccio sfiora il punto di fusione con l’antica tradizione leggendaria, all’occorrenza costellata di abbondanti sfumature gotiche o, nello specifico caso, dark . L’opera di Argento non è che un’ininterrotta fiaba macabra, ribadita da ipertesti narrativi precisi che, prima di questa ventesima prova cinematografica, riadattano Bram Stoker o, in precedenza, Poe e Leroux: nomee tutelari chiamate a rammentare come la voluttà del brivido, la brama di ribrezzo sopita nei più reconditi anfratti dell’incognito Nulla, eredità d’una memoria irrinunciabile, non svanisca mai completamente.

LICORICE PIZZA: quant’è bella giovinezza…

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Licorice Pizza : quant’è bella giovinezza…  “ Sai quelli che non ci voglion bene  È perché non si ricordano  Di esser stati ragazzi giovani  E di avere avuto già la nostra età…”  GIANNI PETTENATI  Che funzione ha, prima d’ogni altra, quel chewing-gum da sempre associato alle più giovani fasce d’età? Quella di masticarlo incessantemente, spesso più del necessario, immemori del tempo che scorre dietro quel vizio ed eventualmente surrogandone altri meno salutari. Il sapore sbiadisce via via, finché la ripetitività dell’atto non si fa meccanica e priva di gusto. Un po’ come il “grande freddo” della sfera adulta. Nel caldo magma di recensioni inerenti Licorice Pizza , nono lungometraggio di Paul Thomas Anderson, l’accostamento non s’ipotizza immediato. Come suggerisce la “poetica della nostalgia”, ereditata da quel Nuovo Cinema Americano di mezzo secolo fa mai del tutto accantonato, i tropi impiegati dal cineasta nella restituzione della San Fernando Valley del ’73 si muovono su un ass