La “quarta parete”: DIONISIO NEL ’69
La “quarta parete”: Dionisio nel ’69
Richard Schechner è autorevole firma di allestimenti underground che operano sul duplice asse esterno-interno e sulla multiformità dello
spazio, contando sulla reazione di un pubblico mai neutro. In
Dionisio
nel ’69,
frutto di un’epoca in cui la controcultura destabilizza
l’immaginario, Dionisio si fa detonatore interpretativo in linea
con lo spirito del tempo: crea contrasti, spezza legami sessuali,
s’insinua in quelli affettivi. Credendo poco al naturalismo nel
cinema, Brian De Palma filma la performance
con quattro cineprese dopo averla vista, su invito dell’amico
William Finley, a ridosso di Hi,
Mom! (che
annovera un’eco dell’esperienza nel segmento Be
Black, Baby).
Se l’esito è figlio dei tempi, non esente da vezzi godardiani,
l’incontro con Schechner si sposa a un equo senso di sbigottimento
nel concetto di “quarta parete”: l’uso dello split
screen
rivela complicità enunciative e retoriche, in linea con un body
double attoriale
scrutato nella sua disinibizione. Il che consente a Finley, nella
prova generale per Il
fantasma del palcoscenico,
di disfarsi dello status metalinguistico trascendendo la simbologia di Dionisio, mentre il
pubblico lo porta in trionfo (come con Swan) in un sovrapporsi di
realtà e artificio.
Francesco Saverio Marzaduri
Commenti
Posta un commento