Riso in bianco: SOTTO UNA BUONA STELLA

Riso in bianco: Sotto una buona stella 


In una recensione di Stasera a casa di Alice, il compianto Giovanni Grazzini scriveva che un cineasta del calibro di Carlo Verdone, sempre più padrone dei propri mezzi, aveva tutto il diritto di maturare. La qual cosa torna utile dopo la prova fornita dall’attore-regista romano per La grande bellezza di Paolo Sorrentino, nei panni di uno sceneggiatore fallito dedito alla bella vita: di fatto un ennesimo vitellone di mezz’età che a un certo punto sceglie di rinunciare a tali agi, messo alle strette dalla cocente delusione, esistenziale e artistica, di fronte a cui lo pone la Capitale. 
Sotto una buona stella è un titolo-parafrasi indovinato in quanto rivelatore di insospettate qualità drammatiche che l’ex maschera ilare del gallinaccio coatto, come della congrega “I figli dell’amore eterno” o di tante altre indimenticabili figurine, ben di rado aveva dimostrato. In molte occasioni Verdone affronta temi sociali e spunti delicati con lo strumento della comicità paradossale che gli è congeniale, ma salvo qualche caso, senza la chiave realmente coraggiosa e feroce che contraddistingueva la tradizione della commedia italiana, più che altro adottando un’ilarità buonista, attenta ai buoni sentimenti e talora incline alla faciloneria
Alla suddetta tradizione s’affianca quella, assai più remota, di nomi comici inclini alla prova della maturità, seria quando non tragica, conseguita al fianco di sceneggiatori e registi di vaglia. Come pure le maschere buffonesche indotte a far il punto – sfociante nell’amaro ripensamento – sulla propria arte e il proprio estro in concomitanza con mutamenti sociali, culturali e modaioli. Alla generazione di Verdone appartengono nomi quali Benigni, Nuti, Troisi: laddove per i primi due si può parlare d’una vis che, puntando in alto, più spesso è stata frenata da ambizioni non ripagate dalle attese, il terzo si è rivelato l’esempio “malincomico” più corrisposto. 
Anche il Verdone delle prove precedenti, Io, loro e Lara e l’ottimo Posti in piedi in paradiso, non è insensibile alla scommessa di sposare la più plateale risata alla più amara riflessione, presto rivelando il proprio impaccio nei confronti d’un tempo e un clima in progressivo mutamento, e il disagio di riuscire a far ridere come negli anni d’oro attraverso connotazioni, tipologie, tic pienamente collaudati e abbondantemente sfruttati. In una condizione come quella odierna, istupidita dalle finte verità del piccolo schermo e rea d’una distinzione sempre più impercettibile tra pubblico e privato, indovinata è anche la scommessa d’impiegare canovacci e volti appartenenti alla televisione. Non per nulla, Sotto una buona stella si mostra riuscito e divertente quando l’interprete-regista concede ampio spazio a un’attrice, Paola Cortellesi, non nuova alle esperienze cinematografiche ma che proprio in tivù ha raggiunto la notorietà. E, come Carlo, autrice di esilaranti macchiette e imitazioni altrettanto impagabili. 
Se Verdone si riconferma versatile direttore di attori, quel che manca al film è il coraggio cui s’accennava nel trattamento di temi e situazioni che, per un cineasta consolidato qual egli è, meriterebbero altro svolgimento. Tanto più se in questo, come in altri casi, le risate più smaccate sembrerebbero lasciar il posto a mesti sorrisi, ma non ancora a situazioni che si vorrebbero – si pretenderebbero, anzi – più serie. Il paradiso dei posti in piedi può attendere. 

Francesco Saverio Marzaduri

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